Intervista a Daniela Cattani Rusich. La voce del Nisseno

Michele Bruccheri intervista la scrittrice e poetessa di Milano che assieme ad Adriano Gabellone ha fondato la casa editrice Onirica. Ne è il direttore creativo. In fase di ultimazione il suo romanzo breve

Ama la scrittura e ama comunicare. Ama i versi. Scrivere per lei è sinonimo di libertà. Scrivere, per lei, è vivere. Daniela Cattani Rusich, nata a Milano 46 anni addietro, è un’artista eclettica e vulcanica. Nelle sue vene scorre sangue greco, slavo, turco, armeno e italiano. Un miscuglio di sensibilità che è inestimabile patrimonio umano. Lavora come bibliotecaria presso l’Istituto comprensivo di Trezzano Rose (provincia di Milano, ndr), ma è una scrittrice, poetessa, giornalista pubblicista, editor. E’ un’inguaribile sognatrice. “Amo la natura, gli animali, i bambini, la bellezza, l’arte in tutte le sue forme, le persone con l’anima negli occhi, le cose semplici, le cose complicate. La vita, sempre”, dichiara prima di iniziare la nostra intervista. A microfoni spenti racconta episodi della sua vita privata, delicati e crudi. Le chiedo se possiamo parlarne e annuisce.

“Ho subito numerosi traumi nella mia esistenza – afferma -. Abusi sessuali, tre mesi di ospedale psichiatrico, due figli persi al terzo e al quinto mese di gravidanza nello stesso anno, la separazione da mio marito che mi hanno provocato seri problemi di salute. Ma non demordo mai. Cado e mi rialzo di continuo. L’amore per la vita muove ogni mia azione”. Una testimonianza toccante, vibrante. Mi colpisce la sua voglia di non mollare mai. La sua tempra coriacea e battagliera. La sua capacità di rialzarsi. Trovo che sia una donna di infinita dolcezza e di straordinario fascino. Colta, sensibile e scintillante.

Redattrice del sito web Poetika.it, è soprattutto direttore creativo della casa editrice milanese Onirica fondata assieme ad Adriano Gabellone. Un progetto editoriale ambizioso e pregevole, di qualità, di notevole pregio. “Onirica è una realtà diversa: spesso con gli autori s’instaurano rapporti di vera amicizia, si collabora, ci s’incontra, si organizzano insieme le presentazioni… è come stare in una grande famiglia”, sottolinea al microfono del nostro periodico d’informazione “La Voce del Nisseno” che l’ha intervista per la versione web. E ci informa che il suo romanzo breve è in fase di ultimazione.

Tu sei una donna cosmopolita, prima di tutto. In te convivono culture diverse che sono, indubbiamente, una grande ricchezza. Me ne parli?
“Sì, sono un sangue misto. Mia madre è greca, mio padre friulano, mia nonna era turca, il nonno slavo e i bisnonni armeni. Forse per questo il mio carattere è così , ehm… variopinto. La mia anima è apolide e sempre lo sarà. Dai mie genitori, comunque ho preso molto, sono sempre stata una ‘spugna’. Entrambi, pur così diversi, avevano un vissuto e una dote in comune: un passato difficile e una tenacia indistruttibile. In particolare, da mio padre ho ereditato l’amore per la natura e per la conoscenza; da mia madre la fantasia e la propensione alla Bellezza”.

Sin da piccola hai amato la scrittura. E’ così? E soprattutto perché?
“Fin da piccola ho avvertito dentro di me una sorta di dicotomia, che mi spingeva da una parte e mi tirava dall’altra. Sentivo dentro di me il mondo, ma io dal mondo mi sentivo fuori. Questo forse perché non ho avuto la possibilità di affezionarmi a un luogo in particolare per via dei continui spostamenti di mio padre, l’unico italiano doc, ma in realtà il più nomade di tutti. Avevo un bisogno impellente di esprimermi: non stavo mai ferma, ballavo, cantavo e parlavo in continuazione. Poi ho scoperto la scrittura, che mi placava. Ero una bambina strana: ombrosa, volubile, ma anche vivacissima, espansiva, sbruffona. Un ossimoro, già allora”.

Complessivamente, ad oggi, quante poesie hai scritto? Cosa hai pubblicato?
“Non ho mai contato le mie poesie: scrivo da quasi quarant’anni… Ne ho sempre scritte tante solo per passione e con passione. Mi sono decisa tardi a pubblicarle, perché per me erano una cosa normale, una parte della mia esistenza e basta. Dopo una dolorosa separazione, la perdita di due figli e una lunga depressione, è scattato qualcosa: sentivo il bisogno di reinventarmi la vita. Grazie al cielo, scavando dentro di me, ho sempre trovato le risorse per farlo. E la poesia mi è venuta in soccorso ancora una volta. Allora ho deciso di cominciare a pubblicare, prima sul web e poi su carta: volevo confrontarmi con persone che avessero i miei stessi interessi, volevo mettermi in gioco”.

Hai partecipato a diversi concorsi ottenendo sempre importanti riconoscimenti. Quali ricordi con maggiore soddisfazione?
“La pubblicazione della mia prima poesia e della mia prima fiaba, alcuni anni fa. Poi il terzo posto al concorso nazionale ‘Poetando’ della mia prima silloge Rendimi l’anima, il primo posto al concorso ‘Un monte di di poesia’ con Segreta, che dà il titolo alla mia seconda silloge, e la vittoria al concorso artistico internazionale ‘Them romano’, con un testo a cui tengo moltissimo per la tematica trattata: Porrajmos-l’olocausto zingaro”.

E poi?
“E poi basta. Non mi fa impazzire mettermi in mostra per quello che ho scritto, che ho fatto o che faccio. La soddisfazione più grande per me è riuscire ad esprimere a parole quello che sento e come lo sento, riuscire a trasmetterlo a chi legge, anche quando si tratta di tematiche sociali difficili. La poesia è magia: nasce, cresce, vive dentro di te e al tempo stesso è completamente autonoma da te. Come diceva Tomaso d’Aquino: L’essenza della bellezza è l’equilibrio degli opposti. Nella poesia i miei opposti si riconciliano, si fanno armonia. Poesia, Bellezza e Armonia sono le mie tre muse-guida”.

Poco più di un anno fa hai pubblicato un libro: un romanzo corale. Cos’è “Malta Femmina”?
“Ho partecipato alla stesura di questo affascinante romanzo, pubblicato da Zona editrice, insieme ad altre autrici italiane, coordinate dalla scrittrice Anna Maria Fabiano. E’ stata un’esperienza unica: abbiamo scritto e vissuto praticamente insieme ‘via etere’ ogni fase del libro per due anni della nostra vita, più le presentazioni a seguire. Faticosissimo, ma straordinario”.

I tuoi testi sono presenti in numerose antologie. In quali?
“Sono oltre una ventina, ormai però mi sono stancata di mandare in giro le mie cose, ho sempre troppo poco tempo! Ci sono fiabe, poesie e racconti brevi miei in antologie edite da Giulio Perrone, Albus, Aletti, Edigiò, Liberodiscrivere edizioni e, infine, la piccola, cara Onirica”.

Ne parleremo dopo. Da fonti ben informate mi è arrivata l’indiscrezione seconda la quale stai ultimando il tuo primo romanzo breve. Confermi, Daniela? Puoi anticiparci qualcosa?
“Uh… va bene. E’ un romanzo breve ma, con tutti gli impegni che si sono accumulati, la seconda parte ha avuto vita difficile. E’ orchestrato secondo una trama e un ordito particolari, basati sui fili invisibili che legano le nostre vite, intrecciando personaggi e situazioni. Il destino fa la sua parte, ma lascia anche un bel margine di sbandamento, una variabile incontrollata e incontrollabile. Diversamente da quello delle mie poesie, qui lo stile è lieve, ironico, anche se il libro parla seriamente di storie importanti e di problemi che tutti possiamo incontrare sul nostro cammino… con l’intenzione di far capire, però, che ‘nessuno è nessuno a questo mondo’: tutti noi abbiamo un ruolo nella nostra e nell’altrui esistenza”.

Nella tua esistenza ci sono molte cicatrici. Cosa puoi raccontarci?
“Da giovane, per il mio carattere sensibile ma ribelle ho sofferto molto, ho commesso errori, mi sono punita fino a ridurmi in fin di vita e ho ‘scontato’ alcuni mesi in ospedale psichiatrico, a Villa Turro. Non sono serviti a niente, anzi: sono stati un inferno. L’unica fortuna che ho avuto è stata quella che ai tempi l’elettroshock fosse ormai in disuso, ma per il resto lasciamo perdere. Uscita da quel manicomio ho dovuto ricostruire tutto da sola: i miei non erano in grado di aiutarmi – nessuno lo è stato – e come avrebbero potuto d’altronde? Così, un giorno, ho deciso di mandare la morte a quel paese, ho cominciato a bere un litro d’olio al giorno e a mangiare miele: sono ingrassata quindici chili in sei mesi. Quando finalmente ho cominciato a reggermi in piedi, sono andata alla redazione del settimanale locale di Cologno Monzese, risoluta a scrivere. Così ho iniziato, conosciuto tante persone, fatto esperienza e ottenuto il libretto di pubblicista. L’ospedale psichiatrico ha segnato la mia vita, il mio corpo e la mia anima per sempre. Ma è diventato anche un nuovo punto di partenza, dal quale ho ricominciato con maggiore consapevolezza. Essere dentro la sofferenza mi ha aiutata a comprendere meglio quella altrui e ad entrare spontaneamente in empatia con le persone. Un dono bellissimo… Ricollegandomi a quello che dicevo sul romanzo in uscita, c’è un filo invisibile che ci lega tutti, ogni esperienza è un tassello importantissimo che si aggiunge al nostro bagaglio personale, e di cui dobbiamo fare tesoro”.

Da un anno, assieme ad Adriano Gabellone, hai “partorito” un ambizioso progetto: la casa editrice Onirica, di cui vagamente facevi riferimento poco fa. Perché nasce questa casa editrice?
“Le ragioni sono tante: in primis il desiderio di confrontarsi con altri autori e di aiutare i migliori ad emergere. In secondo luogo, perché sono un’idealista incosciente, una che ci prova a far vivere i sogni anche se poi magari non ci riesce. Con il mio entusiasmo, dopo due anni di ‘lotte’, sono riuscita a convincere il timido e riservato Adriano”.

Qual è il bilancio di questo importante progetto culturale sino ad oggi?
“Umanamente inestimabile. Onirica è una realtà diversa: spesso con gli autori s’instaurano rapporti di vera amicizia, si collabora, ci s’incontra, si organizzano insieme le presentazioni… è come stare in una grande famiglia”.

Sostanzialmente chi e cosa pubblicate?
“Chi ha qualcosa da dire e lo sa fare – bene – attraverso l’arte della scrittura. Le nostre collane sono dedicate soprattutto a Romanzi, Fiabe per bambini, Poesia. Ma c’è anche la collana speciale ‘I desideri’, nella quale pubblichiamo tutto ciò che di bello non rientra in una categoria predefinita, qualcosa di speciale com’è, ad esempio, il libro di Lisa Bernardini: ‘Ethiopia Inside – Fotografare Attraverso’. Un progetto importante, meritevole della massima attenzione”.

In cosa consiste il tuo ruolo di direttore creativo in seno alla casa editrice?
“In molteplici piccole grandi cose. Ad esempio, nell’ideare la grafica e i testi delle copertine, del sito, delle locandine, e di videopoesie e booktrailer. Nell’organizzare progetti, concorsi, eventi. E poi faccio tutto quello che serve: edito i testi, rispondo a chiunque mi chieda un parere, recito”.

So che collabori anche con altre realtà editoriali. Cosa fai?
“Curo antologie di autori vari, prefazioni e recensioni; anche per i singoli autori”.

Quali sono le tue principali virtù morali? E quali sono, se ci sono, i tuoi peggiori difetti che andrebbero rimossi?
“Amo e rispetto tutte le forme di vita e tutte le opinioni diverse dalla mia, che considero grandi occasioni di arricchimento personale. Sono leale, sincera, affettuosa, dotata di ironia e di autoironia. Senza quest’ultima non sarei sopravvissuta. Ma sono pigra, disordinata e incostante; a volte eterea e con la testa sulle nuvole, però anche critica, autocritica, rompiscatole, cerebrale… Insomma: contraddittoria. Il difetto che ritengo veramente tale e che vorrei rimuovere è l’ira: quando mi arrabbio scateno tempeste. Tuttavia, temo sia l’altra faccia della medaglia del mio carattere da pasionaria”.

Che genere di musica ascolti?
“Amo la musica bella, di tutti i generi. Dal tango argentino di Astor Piazzolla al rock anni ‘70 di Jimi Hendrix e Janis Joplin, dalle opere di Mozart alle ballate di Leonard Cohen, dai cantautori italiani storici, come De Andrè e Fossati, al jazz di Chet Baker e John Coltrane. Sono curiosa di tutto”.

E’ vero che ti piace ballare?
“Sì, moltissimo. In particolare il tango argentino; anche se ormai per problemi di salute, non posso farlo molto spesso”.

Hai molte altre passioni. Ond’evitare di fare l’elenco della spesa, quali sono quelle più importanti e significative che vuoi menzionare?
“Beh, alcune le ho già accennate. Altre sono la fotografia, il cinema e la natura, sulla quale da piccola mi sono costruita una cultura enciclopedica: fammi una domanda su qualsiasi animale e io ti dirò tutto. Da bambina leggevo libri d’avventura e di animali, guardavo solo documentari. E quando potevo, con mio padre andavo a caccia di lucertole e di farfalle, allevavo chiocciole e facevo collezione di ragni, coltellini da pellerossa e minerali. Insomma, ‘cose da maschi!’”.

Tuo padre è stato un essenziale punto di riferimento, per te. E’ vero?
“Sì: lui mi ha dato la vita, me l’ha distrutta involontariamente, mi ha fatto tribolare (e lo stesso ho fatto io nei suoi riguardi), mi ha insegnato, anche se brutalmente, ad arrangiarmi da sola. Con lui c’è stato un legame contrastato, ma indissolubile. Anche adesso, che non c’è più, è così. Da buon friulano mi ha lasciato un’eredità pesante, ma in senso positivo: la voglia di vivere e di lottare sempre per i miei ideali, la dignità e il coraggio di essere me stessa fino in fondo. Oltre alle passioni che ho citato prima e che mi ha trasmesso coinvolgendomi sempre nelle sue avventure”.

Chi sono i tuoi scrittori preferiti?
“Direi che nella letteratura dell’ottocento – a partire dallo sturm und drang tedesco al romanticismo francese, fino ai poets maudits – il mio modo di essere ha trovato grande corrispondenza. In seguito, ho amato molto gli inglesi fra fine Ottocento e inizio Novecento, per lo stile impeccabile, psicologico e formalmente perfetto. Un’altra mia passione è Jack London: consiglio ‘Martin Eden’ a tutti gli esordienti per imparare che la vita è fatta di fatica e di battaglie, a volte perse, a volte vinte, ma non per questo si deve smettere di lottare per i propri ideali con passione. E perché la passione dia i suoi frutti ci vogliono cure, umiltà e pazienza. Altri autori che porto sempre dentro di me sono Saffo, Foscolo, Hesse, Neruda, Garcia Lorca, Buzzati, Pavese e Joyce per la grande intensità e il rapporto palese tra arte e vita espresso nelle loro opere”.

Quale libro di altri autori avresti voluto scrivere e perché?
“Facciamo ‘l’Ulisse’ di Joyce, visto che è un ‘cosa avresti voluto’? E i sonetti di Foscolo”.

Cosa pensi di Internet?
“E’ uno strumento e come tutti gli strumenti va saputo utilizzare nel modo giusto. Giusto per te, per me… per ognuno di noi. Bisogna stare attenti a non perdercisi dentro, come Alice nel buco dell’albero. Mai inseguire i Bianconigli!”.

Cosa ami di più della vita?
“Amo tutto della vita: il dolore, la gioia, la disperazione, la bellezza. E’ un’esperienza crudele e sublime insieme, è unica, è il Tutto. Ogni sfumatura dell’esistenza è fonte d’ispirazione per la mia mente e di crescita e per la mia anima. La vita è poesia”.

Quale sogno vorresti ancora realizzare?
“Sono un’inguaribile sognatrice: mi puoi buttare a terra mille volte e io mille volte mi rialzo, sempre più a pezzi, ma mi rialzo. Va da sé che di sogni nel cassetto ne ho tanti. In questo momento, però, vorrei soltanto che la mia salute migliorasse un pochino per poter fare di più. Per il resto, sarò banale o completamente imbecille, ma non smetto di sperare che l’uomo comprenda e metta in pratica i valori della Pace, dell’Amore e della ‘vera’ Bellezza”.


Michele Bruccheri

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