Di terra e di mare, di solitudini e di libertà

 

Patanè Ferro è poeta di lungo corso, prolifico eimpegnato. È uomo di terra e di mare, intenso e viscerale come la sua Sicilia,da cui sempre è partito per poi tornare, da cui sempre s’allontana perriviverla ogni volta come nuova: madre, amante, gloria e devastazione, feritemal cicatrizzate e germogli brulicanti, ventre accogliente di ricordi, amori,illusioni e verità. La sua poesia è istintiva e potente, ribelle nei confrontidi un sistema che ha ucciso l’uomo e la sua vera essenza, riempiendo ogni vuotodi consumismo e solitudine. L’io poetico è presente, invadente mai, anzi… è il portatoredi quelle domande esistenziali che ognuno di noi si pone.

 

( Cosane è stato della meraviglia? )


Sebastiano ha radici ben piantate nella terra da cui trae linfa e nutrimento:la Grande Madre, l’eterno Femminino, Maria che piange ai piedi della croce ePenelope che aspetta il ritorno dell’amato; la sua idealità si protende,invece, verso il Mediterraneo, prolifico padre, anelito mai placato di libertà,oggi purtroppo fossa comune e grido di un dio inabissato.
Il poeta diventa così “pescatore di fiori”, colui che riporta a galla segretinascosti e memorie dimenticate, fiori d’acqua - fragili e perduti -  fiori infuocati dal magma dell’indignazionecontro le ingiustizie della società malata.

Ne sono testimonianza alcuni tra i suoi versi piùtoccanti:

 

guardagiù in fondo/ tutte quelle carezze perse nel diluvio […]

quegliabbracci che le guerre hanno/ disperso nel sangue e nel fumo di qualche lettera

tutti gliamori caduti per difendere una libertà/ che nasce con noi e ci vogliono togliere[…]

(e)

 

 […] non c’è piuma d’ala che non valga tuttii metalli del mondo riscritto a immagine e somiglianza

dellamalattia che siamo sempre stati.

 

Come forse si sarà già intuito, la poesia diPatanè Ferro si muove in perenne dicotomia, uno squarcio fra il sacro e ilprofano, fra il desiderio di volare e il prezzo che questo desiderio comporta:la solitudine, che tanto ha segnato il poeta, quanto ne ha resi sublimi iversi. C’è il canto della giovinezza e il disincanto della maturità, il sognoche spinge verso la Bellezza, il volo d’Icaro, la gloria e la disfatta umanitàdi chi non ha mancato di assaporare fino all’ultimo ogni attimo di vitavissuta.

 

Intantocontinua a crederci Patanè,  a scrivere/di una lei che non c’è mai stata di una lotta

che halasciato solo ferite e milioni di parole inutili/ giuste solo per riempirequaderni di cuoricini rosa

e vorreisolo che il tempo mi riportasse quei vent’anni/ e una casa che non dimenticheròpiù.

 

“Il pescatore di fiori” è una silloge bellissima,fiore e frutto di un poeta che non si è limitato alla propria storia, ma èstato in mezzo alla Storia con tutti e due i piedi, senza risparmiarsi mai.Ribellandosi sempre alla morte, cantando l’amore e la vita.

 

Daniela Cattani Rusich